Avviso quanti siano abituati a leggermi, che questo non è un post comico. O meglio, lo è involontariamente.
Forse per definirlo al meglio potrei dire che è tragicomico, ma neanche questo è corretto. Grottesco, surreale, inqualificabile, vergognoso… Sì, forse questi aggettivi sono i più adatti ad
introdurre la narrazione di questi racconti. Comunque…
Questi episodi in realtà risalgono all’inizio dell’anno scolastico. Il perché mi sia venuto in mente di parlarne soltanto oggi mi sfugge, ma comunque finalmente ne parlo. In classe di mio figlio
c’è una bimba mulatta: il papà è bianco, la mamma nera. Cosa ci trovo di strano? Chiaramente nulla, ma c’è chi ancora affronta la multirazzialità con un atteggiamento a dir poco spiazzante.
Superboy, in presenza della maestra, un giorno fa una domanda innocentissima alla zia di questa bambina la quale, lo preciso per dovere di cronaca, ha la pelle bianca.
“Scusi, signora” chiede mio figlio “ Ma X è abbronzata oppure ha la proprio la pelle nera?”
La genialoide risponde frettolosamente, in modo imbarazzato e con stizza: “ No. No. Non è nera, è solo abbronzata!”
Già questa replica di berlusconiana memoria di suo è talmente cretina da non essere commentabile, ma aspettate di sapere come si è comportata una delle maestre di mio figlio.
“Tu parli troppo!” gli ha vomitato contro. Superboy, naturalmente, è rimasto malissimo. Poi, per giorni, ha continuato a chiedermi: “Ma che cosa ho fatto di male?”. Niente, vita mia. Non hai
fatto niente di male. Le domande non sono mai cretine, spesso lo sono le risposte.
Quando la maestra mi ha raccontato l’episodio, dapprima ha colpevolizzato mio figlio dicendo che è troppo curioso ( ma mi faccia il piacere!).
Poi, quando mi ha visto con gli occhi di fuori e una mano serrata su un robusto ombrello, si è affrettata a precisare che era stata presa in contropiede. Ora. Effettivamente la risposta
inqualificabile della zia di questa bambina avrebbe forse messo in difficoltà anche me, ma quel “ Tu parli troppo!” la maestra avrebbe potuto anche risparmiarselo.
Non sarebbe stato più logico rispondere che la bimba ha la pelle nera perché somiglia alla mamma? Anch’io e mio figlio ci somigliamo, e allora? Anche lui ha gli occhi lievemente a mandorla e la
bocca carnosa, anche lui parla incessantemente, si inventa storie strane e barzellette strampalate, anche lui adora leggere ed è rompiscatole come me. Ovvio, è mio figlio!
“L’ha fatto per proteggere la bambina…” è stata una delle giustificazioni della maestra al comportamento della zia. Ma proteggere da cosa? Dal razzismo forse? Ma non è più razzista rispondere con
una fregnaccia senza alcun fondamento? Ma dico, stiamo veramente dando i numeri? La domanda di “quello che parla troppo” era una semplice curiosità di un bimbo di cinque anni e mezzo.
Se gli fosse stato risposto la cosa più logica, cioè che la bimba è nera, dubito che sarebbe corso ad unirsi al Ku Klux Klan. Lui sa benissimo, fin dalla più tenera età, che al mondo
esistono diversi colori di pelle. Gliel’ho spiegato con chiarezza: i bimbi sono come tanti fiori, ognuno di questi ha un colore diverso. Punto. Lui non ha chiesto oltre, io non ho aggiunto altro.
Logico, no?
Credete forse che i bambini si chiedano davvero di che colore è la manina che stringono mentre giocano a girotondo? No, i bambini sono esenti dal razzismo, sono gli adulti cretini che gli
insegnano che cos’è la discriminazione. Quel giorno a Superboy è venuto semplicemente un dubbio, visto che ovviamente sa anche che le persone si abbronzano. Mica è cretino,
lui.
La storia che vi ho raccontato vi sembra incredibile? Aspettate di sentire quest’altra...
Nella sua classe c’è anche un bimbo che ha pesanti difficoltà nel linguaggio ed è probabilmente affetto da una forma di iperattività. Per questo ha una maestra di sostegno. Superboy mi ha
chiesto spiegazioni in merito, io gli ho risposto che può capitare che alcuni bimbi non riescano a pronunciare correttamente delle parole e che grazie ad un aiuto il suo compagno riuscirà a
superare le sue difficoltà. Ho comunque precisato che è probabile che non ci riesca mai del tutto, perché io non racconto mai bugie a mio figlio.
“Davvero?” mi ha chiesto sgranando gli occhioni.
“Si, amore. Davvero.”
“Ma io pensavo che parlasse male perché è piccolo!”
“No, tesoro. Non è piccolo. Ha la tua stessa età. Perché dici che è piccolo?”
“Perché me lo ha detto la maestra, per questo parla male.”
Annamo bbene, annamo!
In tutta questa surreale situazione, sono lieta soltanto di una cosa: che mio figlio sia riuscito a capire, nonostante le disorientanti interferenze della maestra, che questo piccolo sta seguendo
un percorso che forse lo porterà alla “normalità”, o forse no. Ad Alessandro (alias Superboy) poco interessa: lui e questo bambino sono grandissimi amici. Ale lo trova simpatico, e in effetti lo
è, moltissimo. Superboy sa benissimo che non è un bambino stupido, anche se lo chiama “ Lettandlo”. Cosa importa? E’un buon amico, e gli amici non devono essere necessariamente perfetti, ma chi
l’ha stabilita ‘sta stronzata?
Mio figlio a settembre prossimo cambierà scuola e inizierà a frequentare le elementari. Mi auguro che lì incontri adulti che non lo confondano con pietose panzane, che abbiano il coraggio di
spiegare ai bambini che nel mondo esiste anche la diversità e che questa non deve affatto spaventare o sorprendere. Esiste e basta. Non ci sono altre considerazioni da fare in merito.
Io ho sempre trovato il modo di spiegare con serenità al mio bambino i fatti della vita e sono soltanto una mamma orfana di particolari strumenti psicologici o specializzazioni specifiche.
Possibile che una maestra non sia in grado di fare altrettanto?