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22 febbraio 2012 3 22 /02 /febbraio /2012 13:13

superboy bello

Ieri sera intorno alle 19:30 ho postato questo status su Facebook: Esattamente 8 anni fa a quest'ora ho iniziato ad avere quei doloretti tipo: "Amore, non è che la testina spunti proprio dalle gambe, ma se ci avviciniamo un attimo in ospedale mi sa che non facciamo un soldo di danno..." Domani Alessandro spegnerà la sua ottava candelina, e io ora ho le doglie. Mi scende pure una lacrimuccia... Ok, ora prendetemi tranquillamente per i fondelli, vi autorizzo io.

E’ incredibile come una donna che dimentica sistematicamente di comprare il latte, riesca a tenere a mente particolari accaduti 8 anni fa. Il primo parto non si scorda mai. Ma anche il secondo, o il terzo, per chi ha la fortuna di viverli.

Io ricordo ogni singolo istante del mio curioso travaglio, trascorso in buona parte a sculettare leggiadramente sulle note de “El chan chan” di Compay Segundo. A casa, naturalmente, perché dubito che in sala travaglio mi avrebbero consentito di ballare “el son”.

Vi risparmio chiaramente i particolari, perché una donna che si mette a sciorinare gli attimi salienti del suo parto è un gradevole come una piaga da decubito incancrenita.

L’unica cosa che vi posso dire è che è stato un parto divertente, precipitoso, lievemente inaspettato (perché Ale ha deciso di vivere la sua vita a mille ancor prima di nascere, perciò ha pensato bene di farlo con 4 giorni di anticipo) ma non cruento. Non ho gridato, non ho inscenato teatrini apocalittici, non ho implorato i medici di imbottirmi di crack, non ho bestemmiato contro mio marito per “avermi messo in quella brutta situazione”. Un parto “divertenteeeeeeeeeee”? Già. Questo sono stata capace di dire alla mia mamma e a mia suocera venti minuti dopo aver sparato fuori il loro nipotino dal mio ventre.

Io quando ho paura cazzeggio, sempre. Così, invece di gridare come una forsennata (anche perché il parto precipitoso ti spezza il fiato in due, ad urlare anche volendo non ci riesci proprio),  ho preferito scherzare con i medici. Ci siamo schiantati dalle risate, perché continuavo a sparare battute a raffica e loro, visto che ero ingrassata il minimo indispensabile – quindi un soggetto relativamente agile - ne hanno approfittato per testare il rivoluzionario lettino ostetrico elettronico appena scaricato dalla casa costruttrice.

Aveva ancora su la plastica, come i divani delle vecchie zitelle, e il libretto delle istruzioni puzzava di nuovo. Mi sono così ritrovata in posizioni acrobatiche che neanche una ballerina di lap dance nella sua performance più piccante riuscirebbe ad eguagliare…

Non ero realmente spaventata; l’unico autentico attimo di terrore l’ho vissuto quando Superboy si è incastrato e hanno cacciato via in fretta Papy dalla sala parto. Nulla, non voleva proprio saperne di schizzare  fuori. Così, ci ha pensato il dottore a stanarlo dalla mia vagina. Ha imbracciato una ventosa da idraulico e gliel’ha piazzata sulla testolina, mentre un paio di tizie vestite di bianco mi spingevano con i gomiti sul ventre. Due/tre minuti di “Oooooh, issa! Ooooooh, issa!” e il ginecologo è riuscito a guadagnarsi lo stipendio.

Superboy ha visto la luce alle 6:39 del mattino, brutto come pochissimi esseri umani al mondo, urlando e scalciando vita a pieni polmoni. Io la storia del suo parto gliel’ho raccontata, ventosa inclusa. E lui mi ha preso le mani (oggi grandi quanto le sue) e ha sussurrato: “Scusami, mamma, se ti ho fatto tanto soffrire…”

Scusarti di che, anima mia? Dello splendido casino che hai regalato alla mia vita? Delle infinite notti insonni trascorse a cullarti, delle risate, delle incazzature, della stanchezza, dei lavoretti per la festa della mamma, dei disegni pieni di amore e ditate di cioccolata, del tuo esserci sempre, prepotentemente, dolcemente, meravigliosamente, della tua splendida imperfezione, dei tuoi difetti tanto simili ai miei, dei tuoi pregi unici, del tuo stupore quando ti spiego le cose, del tuo essere… tu?

Ma scusarti di che, amore? Di qualche ora di dolore? Se ti ho messo al mondo fra le risate, credimi, non è stato soltanto per combattere la paura. Erano prove tecniche di gioia.

Buon compleanno, tesoro, con la speranza che questo post stucchevole non ti faccia vergognare della tua mamma nei secoli a venire. Ormai sei un uomo, tu. Anche se dormi ancora abbracciato a tre orsetti di peluche.

PS: per eliminare un po’ di melassa, ho postato la foto di quando avevi tre giorni di vita. Sì, la stessa che tutte le volte che la guardiamo assieme ci sbudelliano dal ridere e poi prendiamo in giro tutte quelle mamme che dicono: “Aaaaaaah, mio figlio appena nato era bellisssssssimo!” La tua mamma, nei limiti del possibile, ti ha sempre detto la verità. E tu, almeno credo, mi ami anche per questo.

 

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Chi Sono

  • : La Staccata
  • : Luana Troncanetti, scrittrice per caso, schiava devota dell'ironia, grafomane incallita e mamma strafelice di Alessandro, aka Superboy. Nel 2009 ho vinto il Premio Massimo Troisi per la scrittura comica e sono ancora qui a disegnare cerchietti in un angolo e a chiedermi: "Ma che s'erano pippati quelli della giuria?"
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