“Riordinare i cassetti della mia scrivania è come scoperchiare la Porta dell’Inferno” è il mio status di ieri su Facebook. Ho ritrovato qualsiasi cosa, da un’ecografia di quando ero incinta di 11 settimane al contratto di un libro che ho pubblicato nel 2006 e poi… lei: una vecchissima agendina dove avevo appuntato degli strafalcioni raccolti durante una terrificante esperienza di qualche mese come operatrice in una società di recupero crediti.
Fra i miei tanti lavori occasionali, è stato il più aberrante: le vecchiette spiantate mi facevano tenerezza, i debitori arroganti mi facevano incazzare come una bestia, i responsabili del call center sapevano a malapena mettere una X per siglare i report degli operatori ma sfoggiavano presunte lauree in disciplina astruse, prima fra tutte la stronzologia applicata. Così, trattavano come mentecatti persone adulte che, come me, avevano iniziato a lavorare (e con qualifiche ben più edificanti di quella di operatore in un call center) quando loro riempivano ancora di colostro il pannolino, ma il dato di fatto era per loro del tutto irrilevante.
All’epoca avevo già 35 anni, un figlio ancora piccolo e un curriculum lavorativo di tutto rispetto alle spalle, ma avevo bisogno di un'occupazione part time e quindi ho dovuto adattarmi. L’ambiente professionale era agghiacciante, ma lo stipendio ottimo.
Ho resistito una decina di mesi prima di mandarli a cagare per trovarmi un’occupazione più dignitosa, ma sono stati sufficienti per raccogliere gustose chicche “culturali” sui miei colleghi e sui debitori che rispondevano alle nostre telefonate.
A quanti non abbiano mai vissuto l’edificante esperienza di lavorare in un call center, specifico che le schede dei clienti sono consultabili da tutti gli operatori, i quali possono verificare l’esito di un precedente contatto telefonico grazie a degli appunti che vengono inseriti a tale scopo.
Eccovi qualche esempio di fine letteratura:
Daltronte lo abbiamo sollecitato 10 volte
Non c’è annesso il pagamento
E’ un’ ononino
Persona poco malneabbile
A fonte di un emminente sentenza
Fino ad’oggi
Prova ha chiamare il 2 aprile
Debitore deperibile nel pomeriggio
Il debitore è ha conoscienza
Uomo comunica che il debitore sia deceduto
Deve pagare ancora una tranc
Dopo molti suilli si inserisce seg.telefonica
Debitrice emigrata a Spoleto nel 1995
Il debitore mi ha presa a parolaccie. Io non lo chiamo più…
Troviamo il debitore tutte le mattine alle 21:30
“J” di Jon Vein
C’è un errore di transcrittura
Il debitore non è il reale usufruentario
Il debitore è fastidiato dai nostri solleciti
Ma la cosa più divertente erano gli strafalcioni vocali. Sia durante le telefonate, che in altre occasioni. Una volta, mentre stavo svolgendo un lavoro di back office, non riuscivo assolutamente a decifrare un appunto scritto a mano su un report, probabilmente in egiziano antico. Ho chiesto alla responsabile di sala che l’aveva partorito che accidenti significasse e lei mi ha risposto: “Aspetta un po’, famme vedè se è “la scritta” mia.” E già, la parola “calligrafia” era un termine troppo sofisticato per una che consegue la laurea in stronzologia. Perché la tizia, fra parentesi, era anche laureata…
Passiamo ora ad alcune brillanti conversazioni telefoniche; quelle che leggerete sono stralci di frasi di alcuni miei colleghi:
“Io le dico quello che le dico, poi le detrarrà le dovute soluzioni”
“Credo che sia certo di quello che mi stia dicendo…”
“Guardi, può fare in questo tipo di modo”
“Ci contatti entro brevi giorni e non si preoccupi: davanti a un giudice lei ha le mani coperte”
“Ok, allora raggiunga un tabaccaio o un ufficio che fa questo servizio e mi mandi subito uno sketch del pagamento”
I gustosi scambi verbali sotto indicati sono capitati direttamente a me. Prima di leggerli, vi faccio presente che spesso un debitore fa sparire le sue tracce, il più delle volte disdicendo l’utenza telefonica di rete fissa. Perciò, quando si contatta un nominativo non si è del tutto certi che la persona che risponderà sia realmente il debitore. E’ necessario effettuare delle ricerche dagli elenchi telefonici, e spesso si contattano tutti i Mario Rossi della zona X oppure persone che si pensa possano essere suoi parenti/vicini di casa. Si va parecchio a tentativi prima di beccare personalmente il mascalzone che non ha pagato un’utenza.
Il risultato di questi tentativi è a dir poco esilarante:
Io: “Buongiorno, signora, sto cercando XXX nata a Napoli nel 1985”
La Signora: “Gennariiiiiiii! Gennariiiiiiiiiii! Gennarinoooooooo?!”
Gennarino: “Uè, e che ti strilli, che c’è?”
La Signora:”Gennarì, ma che la nonna è nata prima del 1985?”
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Io: “Buongiorno Signora, avrei bisogno di parlare con la signora YYYY, è in casa?”
La signora: “Veramente non c’è in questo momento…”
Io: “Sì, ma io avrei veramente urgenza di parlare con lei…”
La signora:” Adesso non è possibile, mi spiace, è a scuola. La trova nel pomeriggio.”
Io: “Ah! Sua nipote fa l’insegnante?”
La signora: “No, fa la prima elementare”
***
Io: “Ma allora lei è un’omonima?”
La Signora: “Un’omonima, ma come si permette????”
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Io: “Lei è nato, a scanso di omonimia, nel 1947?”
Lui: “No, non sono nato a Scanso di Omonimia, sono nato a Padova”
Altre chicche in libertà:
“Può parlare con me, sono la sorella gemella. E’la stessa cosa.”
***
Io:”Ok, va bene signora, se adesso suo marito non c’è ci faccia ricontattare dalle 9:00 alle 21:00…”
La Signora: “Alle 21:00 di sera?”
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“Ho già mandato la disdetta alla Signora Wind Telecomica”
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“Sì, lo confesso, mio marito non c’entra nulla. Sono io che ho aderito al contratto per telefono facendo la voce da uomo… Perché, non si può fare?”
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“Ma perché continuate a telefonare sempre a me? E' vero che non ho pagato quelle bollette, ma pure mia sorella non ha mai pagato nulla...Se vuole le do il suo numero di telefono…” (specifico che non si trattava di utenze cointestate per le quali anche la sorella risultava debitrice, questa brava donna voleva proprio denunciare il fatto che essere morose era un vezzo nel loro DNA. Quale occasione migliore per aizzare una faida familiare?)
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“Ho chiesto di ricalcolare le fatture e solo sono stati
gentilissimi: mi hanno fatto un buffet…”
Dopo dieci mesi ho mollato questo lavoro, dicevo. Peccato, perché avrei potuto ricavarci uno stupidario mica cavoli. Avevo già pronto anche il titolo “A babbo morto” (Per chi non conoscesse questa espressione, basta clikkare qui e Wikipedia sarà lieta di dissipare ogni suo dubbio).
Un’altra occasione di pubblicare il mio primo best gettata alle ortiche… Pazienza, me ne farò una ragione.