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5 aprile 2012 4 05 /04 /aprile /2012 08:52

http://www.in-voice.it/img/Fotolia_1966635_XS.jpg

 

“Riordinare i cassetti della mia scrivania è come scoperchiare la Porta dell’Inferno” è il mio status di ieri su Facebook. Ho ritrovato qualsiasi cosa, da un’ecografia di quando ero incinta di 11 settimane al contratto di un libro che ho pubblicato nel 2006 e poi… lei: una vecchissima agendina dove avevo appuntato degli strafalcioni raccolti durante una terrificante esperienza di qualche mese come operatrice in una società di recupero crediti.

 

Fra i miei tanti lavori occasionali, è stato il più aberrante: le vecchiette spiantate mi facevano tenerezza, i debitori arroganti mi facevano incazzare come una bestia, i responsabili del call center sapevano a malapena mettere una X per siglare i report degli operatori ma sfoggiavano presunte lauree in disciplina astruse, prima fra tutte la stronzologia applicata. Così, trattavano come mentecatti persone adulte che, come me, avevano iniziato a lavorare (e con qualifiche ben più edificanti di quella di operatore in un call center) quando loro riempivano ancora di colostro il pannolino, ma il dato di fatto era per loro del tutto irrilevante.

 

All’epoca avevo già 35 anni, un figlio ancora piccolo e un curriculum lavorativo di tutto rispetto alle spalle, ma avevo bisogno di un'occupazione part time e quindi ho dovuto adattarmi. L’ambiente professionale era agghiacciante, ma lo stipendio ottimo.  

 

Ho resistito una decina di mesi prima di mandarli a cagare per trovarmi un’occupazione più dignitosa, ma sono stati sufficienti per raccogliere gustose chicche “culturali” sui miei colleghi e sui debitori che rispondevano alle nostre telefonate.

 

A quanti non abbiano mai vissuto l’edificante esperienza di lavorare in un call center, specifico che le schede dei clienti sono consultabili da tutti gli operatori, i quali possono verificare l’esito di un precedente contatto telefonico grazie a degli appunti che vengono inseriti a tale scopo.  

 

Eccovi qualche esempio di fine letteratura:

 

Daltronte lo abbiamo sollecitato 10 volte

Non c’è annesso il pagamento

E’ un’ ononino

Persona poco malneabbile

A fonte di un emminente sentenza

Fino ad’oggi

Prova ha chiamare il 2 aprile

Debitore deperibile nel pomeriggio

Il debitore è ha conoscienza

Uomo comunica che il debitore sia deceduto

Deve pagare ancora una tranc

Dopo molti suilli si inserisce seg.telefonica

Debitrice emigrata a Spoleto nel 1995

Il debitore mi ha presa a parolaccie. Io non lo chiamo più…

Troviamo il debitore tutte le mattine alle 21:30

“J” di Jon Vein

C’è un errore di transcrittura

Il debitore non è il reale usufruentario  

Il debitore è fastidiato dai nostri solleciti

 

Ma la cosa più divertente erano gli strafalcioni vocali. Sia durante le telefonate, che in altre occasioni. Una volta, mentre stavo svolgendo un lavoro di back office, non riuscivo assolutamente a decifrare un appunto scritto a mano su un report, probabilmente in egiziano antico. Ho chiesto alla responsabile di sala che l’aveva partorito che accidenti significasse e lei mi ha risposto: “Aspetta un po’, famme vedè se è “la scritta” mia.” E già, la parola “calligrafia” era un termine troppo sofisticato per una che consegue la laurea in stronzologia. Perché la tizia, fra parentesi, era anche laureata…

 

Passiamo ora ad alcune brillanti conversazioni telefoniche; quelle che leggerete sono stralci di frasi di alcuni miei colleghi:

 

“Io le dico quello che le dico, poi le detrarrà le dovute soluzioni”

“Credo che sia certo di quello che mi stia dicendo…”

“Guardi, può fare in questo tipo di modo”

“Ci contatti entro brevi giorni e non si preoccupi: davanti a un giudice lei ha le mani coperte”

“Ok, allora raggiunga un tabaccaio o un ufficio che fa questo servizio e mi mandi subito uno sketch del pagamento”

 

I gustosi scambi verbali sotto indicati sono capitati direttamente a me. Prima di leggerli, vi faccio presente che spesso un debitore fa sparire le sue tracce, il più delle volte disdicendo l’utenza telefonica di rete fissa. Perciò, quando si contatta un nominativo non si è del tutto certi che la persona che risponderà sia realmente il debitore. E’ necessario effettuare delle ricerche dagli elenchi telefonici, e spesso si contattano tutti i Mario Rossi della zona X oppure persone che si pensa possano essere suoi parenti/vicini di casa. Si va parecchio a tentativi prima di beccare personalmente il mascalzone che non ha pagato un’utenza.

 

Il risultato di questi tentativi è a dir poco esilarante:

 

Io: “Buongiorno, signora, sto cercando XXX nata a Napoli nel 1985”

La Signora: “Gennariiiiiiii! Gennariiiiiiiiiii! Gennarinoooooooo?!”

Gennarino: “Uè, e che ti strilli, che c’è?”

La Signora:”Gennarì, ma che la nonna è nata prima del 1985?”

***

Io: “Buongiorno Signora, avrei bisogno di parlare con la signora YYYY, è in casa?”

La signora: “Veramente non c’è in questo momento…”

Io: “Sì, ma io avrei veramente urgenza di parlare con lei…”

La signora:” Adesso non è possibile, mi spiace, è a scuola. La trova nel pomeriggio.”

Io: “Ah! Sua nipote fa l’insegnante?”

La signora: “No, fa la prima elementare”

***

Io: “Ma allora lei è un’omonima?”

La Signora: “Un’omonima, ma come si permette????”

***

Io: “Lei è nato, a scanso di omonimia, nel 1947?”

Lui: “No, non sono nato a Scanso di Omonimia, sono nato a Padova”

 

Altre chicche in libertà:

 

“Può parlare con me, sono la sorella gemella. E’la stessa cosa.”

***

Io:”Ok, va bene signora, se adesso suo marito non c’è ci faccia ricontattare dalle 9:00 alle 21:00…”

La Signora: “Alle 21:00 di sera?”

***

“Ho già mandato la disdetta alla Signora Wind Telecomica”

***

“Sì, lo confesso, mio marito non c’entra nulla. Sono io che ho aderito al contratto per telefono facendo la voce da uomo… Perché, non si può fare?”

***

“Ma perché continuate a telefonare sempre a me? E' vero che non ho pagato quelle bollette, ma pure mia sorella non ha mai pagato nulla...Se vuole le do il suo numero di telefono…” (specifico che non si trattava di utenze cointestate per le quali anche la sorella risultava debitrice, questa brava donna voleva proprio denunciare il fatto che essere morose era un vezzo nel loro DNA. Quale occasione migliore per aizzare una faida familiare?)

***

“Ho chiesto di ricalcolare le fatture e solo sono stati gentilissimi: mi hanno fatto un buffet…”

Dopo dieci mesi ho mollato questo lavoro, dicevo. Peccato, perché avrei potuto ricavarci uno stupidario mica cavoli. Avevo già pronto anche il titolo “A babbo morto” (Per chi non conoscesse questa espressione, basta clikkare qui e Wikipedia sarà lieta di dissipare ogni suo dubbio).

Un’altra occasione di pubblicare il mio primo best gettata alle ortiche… Pazienza, me ne farò una ragione.

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7 ottobre 2010 4 07 /10 /ottobre /2010 13:20


smile incazzato



Il mio torello è guarito già da due giorni, ma per precauzione lo terrò a casa ancora per oggi. La mia risalita verso una respirazione normale sarà lunga e dolorosa, temo. Vivo in apnea da due settimane, che io sappia neanche un anfibio riuscirebbe ad eguagliare il mio record, ma passerà, prima o poi.  In questi giorni io e Superboy abbiamo parlato tanto e giocato più del solito, ci siamo scambiati bacilli durante lunghi abbracci appassionati nel lettone, abbiamo condiviso pop corn infetti e cartoni animati a go go.

Ieri, con molta circospezione, ho provato ad affrontare l’argomento “rabbia” dando così vita ad un esperimento pedagogico strampalato che ha prodotto qualche buon frutto. Abbiamo scritto una favola assieme, la storia di un bimbo che viene colto da uno spiritello maligno che lo porta ad assumere comportamenti deprecabili.

Vi risparmio il testo integrale della fiaba, ma sappiate che Superboy ci tiene particolarmente a precisare che la sceneggiatura è sua. Lui è la mente, io il braccio che ha trasposto la storia su carta.

Trascrivo soltanto il finale:

“ Come mai sei sempre arrabbiato?” chiese la mamma.

“Non lo so, non lo so davvero…” rispose Alessandro.

“Sei sicuro di non saperlo?”

“Veramente, forse lo so di chi è la colpa dei miei cattivi comportamenti…”

“Davvero?” esclamò curiosa la mamma “E di chi sarebbe la colpa?”

“Di Rabbiosello…”

“Rabbioselloooooo? E chi è Rabbiosello?”

“E’ fatto di nuvole e vento, e non lo sento arrivare… Si materializza all’improvviso e il cuore inizia a battere forte, la testa mi scoppia, la faccia diventa tutta rossa e ho voglia soltanto di rompere tutto.”

“Ma Rabbiosello è un tuo amico?” chiese la mamma

“Certo che no! Non è affatto un mio amico. Anzi, io non lo cerco proprio! E’lui che cerca sempre me.”

“E allora caccialo via, se non vuoi stare con lui!”

“Non è facile, è più forte di me. Come posso fare, mamma, a cacciarlo via? Me lo spieghi tu, eh?”rispose Alessandro in modo sgarbato. La mamma, allora, disse una cosa molto strana: “Puoi provare a mandarlo via con una formula magica!”

“A me sembra proprio una cretinata!” disse rabbiosamente  Alessandro.

A quel punto la mamma fece una cosa che di solito le mamme non fanno mai. Si mise a piangere, sempre più forte, fin quando Rabbiosello fuggì via. Forse le lacrime delle mamme sono più forti delle formule magiche, questo non lo so. Magari è proprio così.

Alessandro, libero da quello spiritello maligno, prese il viso della sua mamma fra le mani e le disse dolcemente: “Non è una cretinata, mamma. La formula magica non è affatto una cretinata.”

E allora la mamma e Alessandro si abbracciarono forte e inventarono una formula magica per scacciare via Rabbiosello ogni volta che fosse tornato a diffondere la sua super mega rabbia:

“ Rabbia, rabbia, rabbia mia,

con un soffio ti spazzo via!”

Da quel giorno, Alessandro imparò a controllare la rabbia, che non è poi una cosa molto cattiva. Arrabbiarsi è normale, l’importante è capire quando ci si deve fermare. I bambini non sono mai cattivi. La rabbia, invece, sì.

Sì, lo so che la sintassi lascia parecchio a desiderare, e magari anche i contenuti non sono il massimo, ma ho lasciato totale libertà di espressione a Superboy, limitandomi a trascrivere i suoi pensieri. Non ci crederete, lo so, ma almeno per il momento la formula magica funziona. Ogni volta che vedo Rabbiosello impossessarsi di mio figlio, mi avvicino con dolcezza, pronuncio la filastrocca, gli faccio un sorriso, una buona dose di solletico e lui si calma. Certo, non sarò sempre accanto a lui per cacciare via la sua rabbia, quella è una cosa che imparerà a fare da solo, piano piano.  Io gli sarò sempre accanto, con discrezione, tentando disperatamente di arginare il mio carattere vulcanico, perchè spesso Rabbiosello viene a far visita anche a me.

PS: La storia delle lacrime della mamma è, ahimè, vera. Ho pianto di fronte a mio figlio, circa una settimana fa. Tornavamo da una festicciola di compleanno, e mi si era rivoltato contro come una furia perché avevo tentato di calmare uno dei suoi sempre più frequenti attacchi d’ira. Una quarantenne che piange come un vitello di fronte al figlioletto non è un’immagine edificante, ma stranamente deve avergli scosso qualcosa dentro. Naturalmente non sto consigliando a tutte le mamme di sciogliersi in singhiozzi di fronte alle difficoltà, me ne vergogno ancora.

Ma forse qualche volta mostrarsi fragili di fronte ai propri bimbi serve a smantellare l’immagine di adulto che tutto sa e impartisce regole come se fossero verità insindacabili. Molti educatori storceranno il naso, ma penso che il mio attimo di debolezza sia riuscito ad allentare la tensione e ad aprire in qualche modo una strada in modo più efficace dell’imbracciare un lanciafiamme per far fuori quella carogna di Rabbiosello.  

A proposito: stammi bene a sentire, spiritello del cavolo: mi hai fregato una volta ma non è detto che tu ci riesca di nuovo. Non verserò mai più una singola lacrima per colpa tua e questa, più che un’ affermazione, è una dichiarazione di guerra. Ho vinto battaglie ben peggiori, perciò vedi di stare in campana: il lanciafiamme ce l’ho, e non ho paura di usarlo. 


 


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15 aprile 2009 3 15 /04 /aprile /2009 10:25


Vi giro la testimonianza di una mia amica di blog. Non aggiungo altro, penso si commenti da sola…

Mi chiamo Alessandra Di Gregorio, scrivo da Cugnoli (PE).

Sono una terremotata. Usare questo termine al momento mi appare improprio, ma so che è ciò che sono. In fondo lo sono stata anche nel 1984, all'età di un anno e mezzo.

La mia famiglia sta bene - o per lo meno meglio di altre. Magra consolazione, ma abbiamo ancora qualcosa da raccontare, un tetto sulla testa (fatto male, di cemento armato, su una casa di terra e pietre, che ha forse 100 anni, in una zona sismica in cui anche la siccità è riuscita a far grossi danni nel tempo, ma comunque ce l'abbiamo...) e abbiamo soprattutto la presenza gli uni degli altri.

Io personalmente sono rimasta terrorizzata da quanto è accaduto alle 3 e 32 di un giorno che vorrei solo dimenticare. Senza parole, senza forza per piangere, quasi schiacciata da alcuni mobili vicino al letto, avvolta nella prima coperta trovata, ripiegata sulle gambe molli per il terrore, il terrore di poter perdere la vita. Mi tremava la mascella al punto di avere la bava alla bocca.

La mia casa è in piedi, ma l'imperizia di chi ricostruì il tetto a suo tempo la paghiamo adesso. E' vergognoso che ci siano stati e ci sono ancora addetti ai lavori che sbrigano con superficialità mansioni che possono avere un impatto devastante per i futuri abitanti di una casa.

Oggi, coi nervi a fior di pelle, malesseri fisici e psichici di varia natura, per l'ennesima volta mi chiedo: ma la pelle di una persona quanto vale? Non vale niente, suppungo. Un bel niente.

L'incuria è generale. Va da chi sottovaluta i pericoli o si rifiuta di leggere dati inconfutabili di una natura che evidenzia il suo stato poco a poco, con intervalli di tempo sempre più stretti (dal 17 marzo le scosse le abbiamo sentite tutte e distintamente anche... quindi vivevamo già col TERRORE dell'evento...) a chi però poi ci specula sopra in modalità piuttosto varia.

Le scosse di assestamento sono una tortura, ma quel che è peggio è stato scoprire cosa è accaduto in televisione in questi momenti che per noi sembrano l'eternità e per altri sono solo una manciata di giorni.

Adesso, mentre scrivo questa mia, sento di parlare a nome non solo di tutto l'Abruzzo ma di quegli italiani stufi delle cazzate e di essere presi per il culo da pseudo-media che fanno pseudo-informazione.

Parlo a nome di tutti coloro che non vivono nei reality ma vivono la realtà - cosa ben diversa - e hanno a che fare con cose che la tv (ovviamente) rifiuta di prendere in considerazione, fingendo "che tutto vada bene". (perché parlare del Salone del Lusso francamente è una inutilità che ci si potrebbe risparmiare).

Scrivo perché non bastava la crisi economica di questo Paese allo sbando, ora ci si mette anche un evento naturale devastante, che unito a una generale ignoranza legata ad una edilizia vergognosa, ha fatto quel che ha fatto e nei modi che sappiamo.

Mentre guardavo con la mia famiglia il servizio di Striscia sulla "speculazione" giornalistica operata tanto da Rai che da Mediaset, ho provato un profondo disgusto.

I media televisivi italiani SONO UNA VERGOGNA. IO MI VERGOGNO DA ITALIANA DI QUELLO CHE HANNO FATTO, IO MI VERGOGNO IN QUANTO ABRUZZESE DELL'INDELICATEZZA SPACCIATA PER DOVERE D'INFORMAZIONE.


I telespettatori non sono interessati a sapere se la signora si è lavata, o a vedere una giornalista schizzata che bussa agli sportelli di tutti terrorizzando persone già abbastanza terrorizzate e scosse. I telespettatori non se ne fanno niente di Sposini che deve dare la pubblicità, di Riotta e del TG1 che si complimentano per lo share - rispondendo poi ad un uomo incazzato nero, in una mail "ci scusiamo, forse abbiamo sbagliato il modo, ma noi volevamo dire che gli italiani erano molto coinvolti.. non vantarci del dato statistico...", quando potevano semplicemente dire "gli italiani sono molto coinvolti nelle vicende drammatiche degli abruzzesi....".

I telespettatori non se ne fanno nulla del gruppo su Facebook "TG 5 SIAMO NOI" che cancella i messaggi di persone che dissentono coi loro metodi che lasciano largo spazio all'indignazione e al biasimo più totali.

I telespettatori non se ne fanno nulla di una trasmissione come Matrix, che in presa diretta sul luogo del disastro, intrattiene il capo dei vigili con amenità per mandare avanti un programma in cui non si fa altro che parlarsi addosso senza mai arrivare a un punto. Addirittura senza lasciar andare il soccorritore a fare il suo lavoro PUR DOPO UNA SCOSSA RILEVANTE.

I telespettatori non se ne fanno niente di tutto questo, come non ce ne facciamo niente noi abruzzesi dei politici di turno che sfilano di ora in ora e continuano a non fare la differenza.


Lo abbiamo visto in troppe occasioni.

La nostra storia luttuosa e catastrofica la dice lunga.

Questa mail verrà inoltrata a chiunque avrà la buona volontà di diffonderla e renderla pubblica. Parlano in tanti. Troppi. Ci vorrebbe più silenzio, più rispetto. Umanamente siamo a pezzi.

Ora vorrei solo una cosa:

CHE NON CI TOGLIESSERO LA DIGNITA'.

SIAMO ESSERI UMANI.

I GIORNALISTI DEVONO COMPORTARSI DA GIORNALISTI - se ci riescono.

Se non ci riescono, possono tranquillamente evitare di ammorbare la gente.

Il nostro Presidente della Repubblica è stato finora l'unico esempio di rettitudine e morale.

Non vogliamo più vergognarci di essere italiani.

Il sisma ci ha tolto le case. Ripeto: non possono toglierci, per uno scopo stupido, la dignità.

L'informazione è un dovere.

Dire cazzate al telegiornale è una velleità tutta italiana e francamente è giunta l'ora di smetterla.

Grazie.



 


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Chi Sono

  • : La Staccata
  • : Luana Troncanetti, scrittrice per caso, schiava devota dell'ironia, grafomane incallita e mamma strafelice di Alessandro, aka Superboy. Nel 2009 ho vinto il Premio Massimo Troisi per la scrittura comica e sono ancora qui a disegnare cerchietti in un angolo e a chiedermi: "Ma che s'erano pippati quelli della giuria?"
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