Bella gente, mettetevi comodi e, se vi va, leggetevi la
cronistoria di un libro upgrade (o che è cresciuto assieme a me e mio figlio, se preferite l’italico idioma) che ho appena ripubblicato.
Dicembre 2007 -
PRIMA EDIZIONE Boopen
Ottobre 2006, sei del mattino, l’ennesima notte insonne (la 970
esima della mia carriera di mamma; Superboy aveva già due anni e otto mesi), il vampiro gnappo smiagolava nel lettino ansioso, visto l’orario, di andare a caccia di cinghiali. Mi aspettava un
Everest di panni da stirare, quindi la consueta capatina al parco fino all’ora di pranzo, la quotidiana mission impossibile “nutri l’anoressico riottoso” poi un pomeriggio di lavoro e, dopo cena,
il disperato tentativo di stordire l’ipercinetico almeno entro mezzanotte. Poscia, la gestione dei suoi continui risvegli a cadenza di mezz’ora/un’ora l’uno dall’altro. E poi di nuovo
viiiiiiiiiia, in piedi alle sei del mattino successivo.
Ho guardato la Stirella con la stesso gaiezza con la quale avrei
fissato una cacca di rinoceronte spalmata sul pavimento candido del soggiorno e mi sono detta: “Che vita di merda!”. Ho afferrato un pezzo di carta, una matita e, posseduta non so neanche io da quale demone scrittorio, ho buttato giù al volo uno schema che, nove mesi dopo, sarebbe diventato questo libro qui:
Lo so, lo so. Non sghignazzate. La copertina l’ho creata io
utilizzando una clip art di word. Aveva tutto l’aspetto di un libro per adulti, più che di un testo mammesco, tant’è che un paio di anni dopo un’altra autrice ha utilizzato la stessa immagine per
un libro erotico. Eppure vi assicuro che quel paio di rosse assassine rapivano le mamme in una sorta di sindrome di Stendhal stile “vorrei ma non posso”.
Ho scelto la Boopen (ora Photocity), un sistema di
autopubblicazione. Non avevo la benché minima velleità da scrittrice, volevo semplicemente procurarmi una sorta di divertente diario di bordo da stampare in qualche copia per me, mia madre e al
limite mia sorella. Tre lettrici in tutto, non una in più, giusto per farci quattro risate. Poi ho scoperto che potevo venderlo online. Il tutto gratuitamente. Allora mi sono detta: “Ma sì, chi
se ne frega. Non ci rimetto un centesimo, magari ci alzo su pure qualche spicciolo”.
Così è stato, inspiegabilmente. Non ha venduto migliaia di copie,
è ovvio, ma mi è comunque andata di lusso considerando che non ero iscritta a Facebook, non potevo vantare una griffe famosa in copertina e potevo contare soltanto su qualche promo che pubblicavo
di tanto nel mio blog. Il titolo ha iniziato a circolare sul Web e a collezionare un bel numero di recensioni, al 99,99% sorprendentemente positive
anche se in libreria non è mai finito, neppure per fare da zeppa a un panchetto traballante.
Giugno
2009
‘o miracolo! Con la rielaborazione di un paio di paginette
contenute nell’edizione del 2007 sforno un pezzo di 12 cartelle con cui riesco a conquistare il Premio Massimo Troisi per la scrittura comica. Se avete tempo da perdere, potete leggere
qui e magari anche qui come è andata.
Ottobre
2009 - SECONDA EDIZIONE Boopen Led
La Boopen seleziona Le
mamme non mettono mai i tacchi fra gli oltre 700 testi pubblicati fino ad allora per ripubblicarlo con l’etichetta Boopen Led. L’idea era quella di estendere la distribuzione anche in
libreria, un progetto assolutamente sperimentale per un sistema di autopubblicazione. Non è andata a buon fine, continuavo ad essere acquistabile principalmente on line. Nel 2010 decido di
disdire il contratto. A differenza di quanto avviene oggi, 3 anni fa non poter esporre un libro sullo scaffale della Feltrinelli corrispondeva ad essere uno scrittore di serie C. La gente
doveva toccare il volume con mano, un po’ come San Tommaso. I kindle e gli e-book erano ancora roba relativamente futuristica.
Questa era la copertina:
Ottobre 2012 – TERZA
EDIZIONE Galassia Arte
Sono passati esattamente 6 anni da quella lontana alba in cui
esclamai: “Che vita di merda!”. Ma l’ho proferito con affetto e allegria, chi mi legge da tempo sa che tendo ad amplificare le emozioni con frasi
scostumatissime che nooooo, per carità di Dio una brava mammina che si rispetti non dovrebbe dire mai.
Ho esclamato proprio “che vita di merda!”, testuali parole, ma non
includetemi nella categoria di quelle che “Aaaaah, ommioddio che supplizio è crescere un figlio!” perché vi assicuro che siete completamente fuori strada. L’ho detto perché era sul serio un
periodo complicato, ma a ripensarci bene è stato il più divertente, appagante, meraviglioso anche se per certi versi agghiacciante segmento della mia carriera di madre. Nonostante tutte le
difficoltà io ridevo. Io rido a prescindere, non perché sia sostanzialmente cretina, ma perché la mia mamma mi ha disegnata così.
Quello che nel 2006 era il semplice diario di bordo di una donna
mortalmente stanca, anche se sempre sorridente, incazzata a morte non con suo figlio, ma con il contorno di personaggi funesti che avvelenavano il suo mestiere di mamma è cresciuto. Durante le
varie stesure l’ho rimodellato adattandolo alle varie fasi di vita di Superboy. Ecco perché lo definisco un libro “upgrade”.
In questa nuova edizione, appena pubblicata con Galassia Arte, potete trovare sia il bimbo che rincorrevo per tutta casa
a Febbraio in canottiera e pannolino fradicio dopo un tuffo carpiato nel bidet, che il ragazzino che oggi cura una rubrica di recensioni di libri assieme a sua madre. Il testo si è addolcito in
alcuni tratti, è più maturo e meno “di pancia” rispetto alla primissima stesura, concede più spazio all’argomento “papà”, sfoggia un pezzo divertentissimo della mia amica Chiara Di Loreto che
scrive da Dio, pur non essendo affatto una scrittrice. Per fortuna, se no ci manderebbe tutte per stracci.
La prefazione è a cura di Silvia Mobili, amatissima giornalista co
conduttrice del programma radiofonico Ladies and Capital assieme a Betty Senatore. Non la ringrazierò mai abbastanza per aver accettato con un sorriso e uno schietto “Ma certo, come no! Lo faccio
con molto piacere!” la mia imbarazzata proposta di scrivere qualche rigo che mi presentasse ai lettori. Mi ha regalato un’introduzione meravigliosa e
semplice, esattamente come lei.
La struttura di base de Le mamme non mettono mai i tacchi – Antiguida al mestiere di mamma è stata modificata: abbiamo aggiunto un sottotitolo, alcuni capitoli sono stati tagliati,
altri ampliati, altri creati ex novo, ma il messaggio iniziale è naturalmente ancora saldo e invariato. Quello che è cambiato è l’aggiunta del “cosa è successo dopo” ai vari capitoli che parlano
di mio figlio. Non sono poi tantissimi. Questo libro è soltanto in modesta parte autobiografico. Era importante raccontare la metamorfosi di Superboy per diffondere un messaggio di speranza a
tutti i genitori di figli ingestibili esattamente come lo era il mio adorabile ex terrorista. Ex, già. Quell’ “ex” è più esaustivo di mille disquisizioni sull’argomento.
L’autentica novità è che potete finalmente trovarlo in tutte le
migliori librerie del pianeta e nei bar malfamati di Caracas. E se non fosse disponibile nel punto vendita, basterà chiedere al libraio di ordinarlo
presso il distributore. E non aveste voglia di andare in un negozio, sarà sufficiente un clik per reperirlo su tutti i principali libri di commercio elettronico a partire da BOL , giusto per citarne uno a caso.
L’unica edizione attualmente in commercio è questa bella cosina
qui tutta di rosa spalmata:
Questa, mi raccomando.
Fate attenzione a non ordinare le due precedenti edizioni perché
purtroppo sono ancora (solo sulla carta) disponibili in alcuni siti come ad esempio IBS nonostante sia stato ripetutamente comunicato a chi di dovere che sono fuori commercio ormai da anni. Il rischio è
quella di mettere il testo nel carrello, pagarlo e poi ricevere dopo settimane una mail di scuse e un buono di 10 Euro spendibile su un acquisto minimo di 50 Euro in libri, centesimo più,
centesimo meno. Non un rimborso, perciò. Quindi occhio vivo, mi raccomando.
Un’ultima cosa: a dispetto del titolo, che mi è salito alla labbra
d’istinto quella famosa mattina in cui armeggiavo con la Stirella, il libro non significa affatto che nessuna mamma del pianeta mette i tacchi né, peggio ancora, incita le donne alla sciatteria
“perché le mamme, si sa, sono delle ex donne”. Pensate che vi stia prendendo per i fondelli? Naaaaaaa, ve lo assicuro. Leggere per credere.
Questo non significa che vi stia istigando all’acquisto,
ooooooh il ciel non voglia! No! Non mi permetterei mai. Vi sto soltanto proponendo un test per verificare se La Staccata è, fra le altre disgrazie,
pure un’impunita bugiarda. Se poi sarete così folli da acquistare il libro per soddisfare la vostra curiosità, beh… non date la colpa a me delle vostre umane debolezze.
Seriamente? Ringrazio anticipatamente e con tutto il cuore le
mamme (e magari anche i papà, perché no?) alle quali riuscirò a strappare un sorriso, con la certezza che vivano pienamente felici anche in scarpe da
ginnastica.
Già che mi ci trovo, ringrazio in anticipo anche tutti quelli che
volessero piazzare un like e magari condividere sul loro profilo Facebook questa paginetta qui: Le mamme non mettono mai i tacchi – antiguida al mestiere di mamma
PS: a chi fosse sopravvissuto a questo neverending post consegnerò una copia omaggio a domicilio, in ginocchio sui ceci, con dedica in oro zecchino e una boccetta di Prozac per superare meglio il trauma. A
scelta, si può optare per una pinta di grappa o uno shottino di una roba che bevo di tanto in tanto sulla quale non posso fornire particolari più specifici, se no è la volta buona che la
narcotici m’ingabbia sul serio.
Grazie a tutti per l’attenzione, giuro che ho terminato.