“Amoreeee ! E' pronta la cena, vai a lavarti le mani…”
Silenzio...
“Tesoroooooooo! Non è il momento di giocare a nascondino… Su, da bravoi!”
Silenzio...
“Gioiaaaaaaaa! Dai che si fredda tutto!”
Silenzio...
“Alessandro S. cribbio! Esci fuori, ovunque ti sia cacciato!”
Chiamare un figlio per nome e cognome ufficializza un’incazzatura imminente, di quelle potenzialmente pericolose. Funziona sempre.
Infatti: silenzio.
Mi gioco il Jolly:
“Superboyyyyyyy! Guarda che ho preso in ostaggio Orso Riccio! Se non vai a lavarti entro trenta secondi prendo l’accendino… Partirò dalle orecchie, moooooooolto lentamente… Poi passerò alle zampe
inferiori, quindi a quelle superiori…”
“Ho capito mamma, ho capito. Eccomi, ero proprio davanti a te. Ma non mi vedevi?”
“E non ti vedevo no, ti eri nascosto Dio solo sa dove!”
“Non ero nascosto, ero invisibile.”
“Luce dei miei occhi, il fatto che la mamma ti chiami Superboy non significa che tu abbia i superpoteri…”
"E invece sì!”
“E invece no, amore. Fila a lavarti le mani!”
“E invece sì, tu non capisci: prima ero invisibile, ora mi sono SVISIBILITO, vuol dire che mi manifesto…”
Già... Con il participio passato ha ancora qualche lievissima incertezza, ma con l'indicativo presente direi che ci siamo.