Venerdì pomeriggio, all’uscita da scuola, mio figlio è schizzato via in direzione del parco adiacente senza
avvisarmi. Piccolo Giunco, la sua fidanzata, aveva la manina stretta a quella della maestra. Era prossima all’attacco di panico per un lieve ritardo dei suoi genitori. Grazie alla mia Supervista
(non è che una è la mamma di Superboy tanto per…) tenevo d’occhio da lontano il frutto del mio ventre. Nel frattempo rassicuravo Piccolo Giunco sul fatto che la sua mamma non si era dimenticata
di lei. Le ho inciuciato la scusa classica, quella del traffico. Non funzionava…
Allora, per farla sorridere un po’, le ho detto che se entro 30 secondi Superboy non fosse tornato alla base, l’avrei ribaltato sottosopra e sculacciato tanto che poi non avrebbe potuto sedersi
per un mese. La piccola ha piegato le labbra all’insù, quelle della maestra, invece, hanno preso la direzione opposta.
“Scusi se mi permetto…” ha esordito la gentilissima donna, che gentile lo è sul serio. Non è una delle mie solite frasi sarcastiche. Il sarcasmo lo riservo per il dopo. “…ma le sculacciate non
risolvono nullla.”
Ma vaaaaaaaa? Ma lo sa che non ci avevo mai pensato prima? Allora dovrò smettere di picchiarlo a sangue tutti i giorni. Sentiamo quale consiglio miracoloso ha in serbo per me…Sono tutta
orecchi!
“Capisco perfettamente che sia contrariata perché è scappato via senza avvisarla. Ma è proprio qui dietro!”
Qui dietro dove? Per parlare con lei ora l’ho anche perso di vista. I pedofili, invece, ci vedono benissimo…
“Non deve allontanarsi senza il mio permesso. E’un bambino molto socievole…”
“E non è contenta? Alessandro è effettivamente molto socievole, va d’accordo con tutti i compagni”
“Il punto è che è troppo socievole. Attacca bottone con tutti, non ha ancora la malizia di capire che non deve parlare con gli sconosciuti. La cosa mi mette in apprensione. E poi…
Non so se l’ha notato, ma corre come Forrest Gump. Adesso, per esempio, non riesco più a vederlo!”
“Eccolo lì… E’ quello arrampicato sull’albero!”
Già.
“Signora, capisco che è difficile avere a che fare con un figlio vivace. Ma lei non deve soffocarlo, deve assecondare la sua natura…”
No, soffocarlo magari no. Ma legarlo e imbavagliarlo, ad esempio? Ma cosa ne sa lei di quanto è vivace mio figlio? Lo conosce da un mese, se permette ad occhio e croce ho avuto a che
fare con lui qualche ora in più di lei.
“E poi bisogna parlare con i bambini, spiegare le cose con pazienza…” E sì. Devo tenerlo a mente. Difatti sono un tipo estremamente taciturno, io.
“Bisogna immedesimarsi. Loro vedono le cose in modo diverso. Bisogna giocarci…” Sì, effettivamente io non ci gioco mai. A scuola quando hanno spiegato Il fanciullino del
Pascoli ero malata.
Al “bisogna giocarci” non c’ho visto più. Sono partita in quarta, forse con un tono di voce un filino più stridulo del dovuto, e le ho spiegato che non sculaccio mio figlio ogni due per tre, ma
soltanto in casi estremi (come quando, ad esempio, aveva il vizio di strattonarmi fino a strappare i polsi di entrambi per lanciarsi in mezzo al traffico. Con un paio di sganassoni ben assestati
sulle cosce ho risolto più che con mesi di estenuanti raccomandazioni), che lo so che dietro ogni angolo non si nasconde un esercito di pedofili ma preferisco non rischiare, che sono tutto tranne
che una mamma chiusa al dialogo. Io parlo con mio figlio in continuazione, ho iniziato ancor prima che nascesse. Anzi, io parlo sempre, per motivi religiosi. In casa ho una collezione di bavagli
smisurata frutto dei regali di amici e conoscenti.
Le ho soprattutto spiegato che ci gioco con mio figlio, io. Ci gioco tanto, da sempre, e non lo parcheggio ad oltranza davanti alla TV quando ho da fare né lo drogo con i
videogiochi. Mi alzo all’alba tutte le mattine, piuttosto, e quindi sono tutta sua quando esce da scuola il pomeriggio. Le ho raccontato che ho i cassetti stracolmi di colori per le dita,
tempere, pennarelli, rotoli di cartoncino dello Scottex, gessetti, minuscoli frammenti colorati per improvvisare un mosaico, che gli leggo ( anzi, gli recito )le favole tutte le sere, che
partecipo con entusiasmo alle iniziative dell’unica libreria della zona che si preoccupa di organizzare eventi dedicati ai bambini, che mi travesto assieme a mio figlio spesso e volentieri, non
solo per Halloween o Carnevale, ma anche soltanto perché siamo in casa e fuori piove. Le ho sparato il discorsetto a raffica, senza riprendere mai fiato, spero in modo il più possibile gentile. A
volte sono stronza, me ne rendo conto, e forse il mio spot promozionale era fuori luogo. Il fatto è che mi sono fracassata le palle di chi mi conosce da cinque minuti e pretende di riassumere
quella che è stata la mia vita di mamma negli ultimi sei anni e mezzo.
La maestra mi ha sorriso. Salutandomi, ha detto che avremmo ripreso il discorso un’altra volta. Nel frattempo, erano venuti a prendere Piccolo Giunco.
Non ho capito se il suo fosse un sorriso di approvazione oppure il ghigno di circostanza che mi riservano le persone che mi vedono come una fuori di testa. Rimarrò con questo dubbio, ma forse il
prossimo colloquio con la gentilissima maestra (perché ribadisco che è una persona deliziosa) toccherà argomenti diversi.
Parleremo delle mezze stagioni, o del parcheggio che non si trova mai. Dubito che si azzarderà ancora a darmi qualche consiglio. Le sue intenzioni erano buone, sono io che a volte sono
molto cattiva.