Poiché non aggiornavo il blog dai tempi in cui in Italia impazzavano i Lanzichenecchi, riciccio per rassicuravi sul fatto che respiro ancora, anche se con qualche lieve difficoltà. L’ultimo post risale al lontano 5 Ottobre. Difficilmente lascio correre tanto tempo fra la pubblicazione di una corbelleria e un’altra, e in questa occasione non posso neanche addurre come scusa gli impegni familiari o lavorativi.
Ho rallentato da tempo i miei ritmi, ho persino ripreso a cucinare a manetta (un’antica passione accantonata da secoli per assoluta mancanza di tempo), a fare ginnastica e sto rispolverando il preistorico sogno di frequentare un corso di disegno, anche se non ho ancora trovato una struttura che organizzi le lezioni all’una di notte, l’unico momento libero della mia giornata. Nonostante abbia sfrondato di brutto molte attività, vi assicuro che qualcosina per riempire le 24 ore di impegni ce l’ho anch’io.
Ho disertato il blog perché sono stata male. Nulla di mortale, altrimenti ora sarebbe a dir poco complicato stramene qui a scrivere scemenze, ma è stata una cosuccia che mi ha tolto parecchie energie. Evito di trasformarmi in una di quelle vecchiette che vivono per esternare all’universo la loro anamnesi, di descrivervi il decorso della malattia e la quantità di farmaci che ho dovuto ingurgitare per salvare la pellaccia. Mi limito a comunicarvi che ho appena sconfitto un principio di broncopolmonite.
Colpa mia: pensavo fosse sinusite, un’allegra new entry che colora la mia vita da un paio d’anni a questa parte. Visto che per me fare anticamera nella sala d’aspetto del dottore equivale a varcare la soglia dell’Inferno, mi sono decisa a farmi visitare quando ormai stavo già messa maluccio. Io dal dottore vado solo a un passo dall’estrema unzione. So che è una pratica pericolosa, ma tant’è.
“Crepitii sospetti”, questa è stata la diagnosi del dottore. I miei bronchi scricchiolavano come un pacchetto di patatine, ma curiosamente io non accusavo nessun sintomo significativo. Niente febbre, niente dolori al petto, niente di niente. Solo un breve raffreddore che dopo qualche giorno si è trasformato in una tosse assassina che non mi faceva chiudere occhio la notte. E già, le malattie asintomatiche sono le più bastarde, perciò mi sono ripromessa che da ora in poi stalkerizzerò il mio medico al minimo starnuto.
Io sto all’ipocondria come Flavia Vento sta a Rita Levi Montalcini, sostanzialmente perché non mi allarmo alla minima scemenza, e in seconda battuta perché nutro un’avversione particolare per i camici bianchi. Il mio atteggiamento deprecabile nasce da diverse esperienze negative che ho subìto in particolar modo negli ultimi anni, e anche da un trauma infantile che non sviscero perché detesto i post stile “piccola fiammiferaia”. Occhio che non sto dicendo che tutti i medici siano macellai, però se posso ne sto volentieri alla larga, forse un pochino troppo alla larga rispetto alla gente sana di mente. Mi trascuro, minimizzo, rimando. Forse perché ringraziando il cielo è difficile che mi becchi qualcosa di più grave di un raffreddore.
Questa esperienza ha stemperato la mia trascuratezza e l’arroganza di voler guarire con i metodi fai da te. Debellare un focolaio di broncopolmonite non è lavoretto di bricolage: se sbagli a costruire una panca da giardino al massimo rischi di finire con il sedere per terra, se rimandi troppo una visita medica finisci in ospedale.
Sto benissimo, ora, anche se sono ancora debole come un gattino. E’stato complicatissimo per una come me dovermene stare a riposo e delegare a mio marito qualsiasi incombenza, però tutto sommato ho goduto di alcuni porci vantaggi.
Erano almeno 9 anni che non beneficiavo di tante attenzioni, praticamente da quando ero incinta di Superboy. Detto fra noi sto anche bonariamente (?) abusando della situazione. Non con mio marito, ma con mio figlio. Il nostro rapporto attraversa un momento a dir poco complicato; da almeno 6 mesi a questa parte litighiamo in media ogni 10 minuti. E’ diventato sensibile come una zanzariera e premuroso come un boa constrictor, in questi giorni in cui mi ha visto perennemente sdraiata a letto sì è mosso più volte a compassione mostrando slanci d’affetto ai quali non ero più abituata. Anche se ora sto decisamente meglio, in sua presenza fingo attacchi di spossatezza degni di una disgraziata a un passo dalla tomba. Soltanto così ottengo che rastrelli il cumulo di giocattoli che impediscono l’accesso alla sua cameretta, che si faccia la doccia senza sbrindellare a morsi l’accappatoio perché “l’omo ha da puzzà”, che la sera controlli per bene lo zaino e prepari i vestiti per andare a scuola.
Sono una persona orribile, lo so. Approfitto biecamente della buona fede della mia povera creatura per ottenere ubbidienza. Non è etico, non è corretto, non è “mammesco”. Mmmmmh… Sì, vabbe’. Ma fin quando non riacquisterò i superpoteri per combattere l’adolescente miniaturizzato che mi ritrovo in casa, sfrutto il vantaggio della mia convalescenza. Giudicatemi pure, non lo prenderò assolutamente come un affronto personale. Ma ricordatevi che è dannatamente vero che il fine giustifica i mezzi.