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20 settembre 2011 2 20 /09 /settembre /2011 23:58


Di_Terry__044

 


Prima di sposarmi vivevo a due passi da Trastevere. Per motivi di studio prima, e lavorativi poi, ho sempre bazzicato il centro storico.

Da quattordici anni ho cambiato quartiere. Dove vivo adesso, qualsiasi punto di Roma è troppo lontano. Qualsiasi… Nominatemi un luogo X della Capitale ed io, Google Maps alla mano, 9 volte su 10 vi risponderò che è dall’altra parte della città. Per raggiungerlo, devo come prima cosa ciucciarmi 15 minuti di macchina/bus per arrivare alla Stazione della Linea A, conquistare un posto sulla metro che mi risparmi dal crepare per rabdomiolisi post-traumatica, guadare un tratto non navigabile del Tevere, uccidere a morsi le pantegane e assaltare un paio di diligenze. Poscia, raggiungo il luogo X grazie ad almeno un altro mezzo pubblico e mezz’ora a piedi sotto il sole a picco/la grandine incessante/la gnagnarella gelida (variabili stagionali e/o stabilite dallo sfigometro del giorno).

Io abito geograficamente nella Capitale, ma anche a una manciata di chilometri dai Castelli Romani. Per questo chiamo casa mia Burilandia, e anche per omaggiare garbatamente i miei vicini, tutti laziali, con un affettuoso e particolare riferimento a quelli che nel 2001 hanno incendiato la bandiera giallo rossa che avevo esposto sul balcone per festeggiare lo scudetto.

E’ un buon posto dove crescere un figlio, una sorta di linea di confine fra quella che è la cosiddetta “civiltà” cittadina, isterica, convulsa e teoricamente evoluta e la più semplice vita campagnola; uno spartiacque incastrato a metà fra cinque centri commerciali e una distesa di colline verdeggianti. Sta a me scegliere se tuffarmi nel massacro di una vendita promozionale all’Ikea oppure rilassarmi al fresco dei castagni di Castel Gandolfo. Basta mettere la freccia a sinistra o a destra, e cambio mondo in un istante.

Burilandia preserva tradizioni che difficilmente si conservano negli altri quartieri romani come quella, tipicamente capitolina, che sto per raccontarvi. Il copione è sempre quello: amici, parenti, semplici curiosi si appostano alla chetichella, ridacchiando zittendosi l’un l’altro per non fare casino, un palo distrae la vittima con scuse improbabili e stiracchiatissime, l’attempato cugino ex disc jockey smanetta per montare l’impianto al buio, centra con la fronte la serranda del garage, bestemmia a mezza bocca ma poi… la musica neomelodica inizia a pompare, il cantante talentuoso attacca con un pezzo strappalacrime e lievemente kich, se no non vale.

La vittima si affaccia timidamente al balcone, simula un moto di sorpresa perché 10 a 1 se l’aspettava, porta la mano fresca di french manicure a coprire la bocca aperta per il (sincero?) stupore, saluta intenerita la piccola folla ai suoi piedi, dispensa baci e sorrisi imbarazzati alla rinfusa. Un accenno fugace di vergogna per tutta quell'attenzione inaspettata e la commozione, stavolta incontenibile, quando lui riemerge dalla ressa, le fa ciao con la manina con il volto scarlatto come il mazzo di rose che nasconde dietro la schiena. Un lampo di divertito orgoglio negli occhi di lei per quello squilibrato che ora è lì, microfonato, dolcissimo e anche un filino coglioncione, a massacrare a colpi di stecca “Ti sposerò perché” di Ramazzotti. E il bello è che la vittima quello squilibrato armonioso come una campana in fin di vita se lo sposa sul serio.

Sabato prossimo la mia amica Ilaria sarà di bianco vestita. Stasera alle 10 c’era metà quartiere in strada ad applaudirla, l’altra metà era affacciata al balcone. Superboy ha ricevuto la dispensa speciale per restare alzato fino alle 11:00, ora sono due ore che ronfa, strafelice. La vittima gli ha annunciato che sarà lui a tenerle il nastro.

“Il nastro, zia Ilaria? E che devo acconciarti i capelli?”

“No, amore. Certo che no….” ha replicato lei, accarezzandolo con la divisa d'ordinanza delle future spose: un sorriso intenso e luminoso, unico. Merce rarissima nei comuni mortali.

Che poi quel bagliore a 32 denti inizierà ad affievolirsi la decima volta in cui troverà un paio di boxer lordi sul lampadario della zona giorno non gliel’ho mica detto. Sono gradevolezze che scoprirà da sola, un gioioso passo alla volta. Goditi questo momento, Ilà, te lo dico con tutto il cuore. Ai boxer sporchi ci penserai a tempo debito. 

Nota doverosa: “Burino” è un termine dispregiativo, ma io lo utilizzo in tono bonario. E' solo in posti come Burilandia che ti accorgi quanto sia assurdo il concetto di social network. Qui gli auguri di compleanno mica te li scrivono sul wall, ma vengono a citofonarti, ti abbracciano e, se ti dice culo, oltre a un regalino magari ti portano pure i biscotti fatti in casa.

Per molti sarà un filino demodè, ma penso che qualsiasi sposa debba vivere un'esperienza come la serenata romana, anche se non ha fatto nulla di male per meritarsela :-) Sarà kitch, è vero, ma è anche tanto bello fare un girotondo in mezzo alla strada,  vecchi e bambini, attorno a una coppia di futuri sposi che si baciano sotto la Luna. In quel momento stava passando l'autobus delle 22:45 e ha quasi fatto strike. Ma prima di allora, il traffico locale si è limitato al passaggio di tre autovetture in un'ora.

Far festa tutti assieme e darsi da fare per aiutare un vicino, se occorre, è un'abitudine qui. E ti ripaga profumatamente del velo di gossip selvaggio che ricopre le casette di cortina gialla. Qui ci sono le comari, è vero, ma sono personaggi che non risparmiano alcun angolo del Pianeta. Parlano e sono vestite in modo diverso, ma sempre comari rimangono... Soltanto qui il dirimpettaio ti augura il buongiorno sperando che per te lo sia sul serio. 

La gente di Burilandia mi piace da matti, così come il quartiere. Anche se ci metto meno a raggiungere Osaka che Piazza di Spagna. 

 

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commenti

S
<br /> @mammasterdam: oddio, un nastro ogni due metri è un po&#39; esagerato. Mi sa che zia Giuli non aveva aspettato il taglio della torta per brindare agli sposi, deve aver iniziato all&#39;alba :-) Qui a Roma ( e dintorni, credo) il rito del nastro si fa una sola volta, quando la sposa esce trionfalmente dalla casa dei suoi genitori sottobraccio al papà; simboleggia il taglio con il passato e l&#39;inizio della sua nuova vita. Il padre, solitamente, il quel momento ha il suo primo, lievissimo, attacco di ictus. Il secondo è quando consegna sua figlia al futuro genero sull&#39;altare (e contestualmente, se non gli va a genio, gli lancia un paio di anatemi così, tanto per gradire); il terzo, letale, durante la funzione. Al momento dell&#39;Ave Maria molti padri collassano di brutto. Usiamo sempre la precauzione di invitare un cardiologo ai matrimoni, anche se non ha alcun grado di amicizia/parentela con gli sposi.<br /> @v@le: i fuochi d&#39;artificio impazzano anche a Burilandia, eccome! Sono fastidiosi, è vero. Però...anvedi che robba!!! :-)
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A
ti capisco, ti capisco cara!<br /> se tu sei a Burilandia, io che sono a Ostia dove sto????<br /> Mettici che poi son Pavese di nascita e son qui solo da 7 anni e ti potrai render conto di cosa poteva essere per me, soprattutto i primi tempi, la gaia usanza locale delle serenate (in estate circa due al mese o anche più qui attorno!!!!). evvai di Eros, di Renatone, e, ahimè, anche di Gigi!<br /> Oltre a quella, devi sapere che qua d&#39;estate c&#39;è un&#39;altra simpatica consuetudine: i fuochi d&#39;artificio.<br /> Qui cominciano a fine maggio e finiscono a settembre, per poi riprendere a dicembre e finire a febbraio.<br /> ogni occasione è buona: il compleanno della mamma, la comunione di tu sorella, l&#39;uscita di galera di tu fratello... :-)<br /> ma la cosa più bella, in queste occasioni, è che il tempo rimane sospeso per attimi eterni: la gente in macchina si ferma, nessuno si muove dalla propria posizione, tutti immobili, come a un-due-tre-stella. tutti col naso in su. una città che si ferma in un secondo, come congalata! ANVEDI CHE ROBA!
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A
Il nastro, cielo, mi sento come l&#39; antropologa che ha appena scoperto un&#39; usanza dei primitivi che loro manco sanno che è un tratto distintivo della loro cultura, perchè vedi, cocca mia, quando mi sono sposata nel profondo abruzzo ogni due metri mi facevano tagliare un nastro perchè era stata un&#39; idea di zia Giuli che è appunto tecnicamente delle parti tue. Da noi infatti non si usa.<br /> <br /> Le serenate invece le facciamo eccome, ma senza Eros, stiamo più sul tradizionale. Ma che ai cantanti e claque glielo date da mangiare? A noi intanto che siamo entrti in cassa a salutare la nonna e guiardare i regali ci hanno apparecchiato una merendina di mezzanotte sull&#39; aia che levati.<br /> <br /> <br /> Mammamsterdam
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P
io abito a burilandia ma in provincia di napoli...fai un po&#39; te! la serenata alla sposa mi manca, ma in compenso il ristorante dietro casa mia ogni santa sera fa partire i fuochi d&#39;artificio. ogni santa sera.<br /> però la dimensione della provincia, tutto vicino e persone che ti riconoscono...sta cominciando (a poco a poco) a piacermi!
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S
Oddio no, forza Lazio noooooooooooooooo! . Benvenuto comunque, cugino/a. Questo è un blog aperto a tutti, pure ai laziali.<br /> Oddio, ma l&#39;ho scritta sul serio &#39;sta cosaaaaaa???
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Chi Sono

  • : La Staccata
  • : Luana Troncanetti, scrittrice per caso, schiava devota dell'ironia, grafomane incallita e mamma strafelice di Alessandro, aka Superboy. Nel 2009 ho vinto il Premio Massimo Troisi per la scrittura comica e sono ancora qui a disegnare cerchietti in un angolo e a chiedermi: "Ma che s'erano pippati quelli della giuria?"
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