A settembre il nano frequenterà l’ultimo anno della materna in un altro
istituto. Dopo tre anni di scuola privata, viva Dio, sono riuscita ad inserirlo in una struttura pubblica. Avevo già conosciuto la nuova insegnante in una precedente riunione, e mi è piaciuta
molto.
Oggi c’era il colloquio individuale per stabilire un approccio con i bambini. Il nano entra in classe, si guarda intorno compiaciuto, saluta educatamente
presentandosi nome e cognome, e si siede a giocare con una motociclettina. Inizia il colloquio e il questionario di rito; Ale appare disinteressato e anche un filino narcolessico ma è in realtà
attentissimo.
Alla domanda “Quando è nato il bambino?” risponde prontamente lui: giorno, mese e anno preciso, manca solo l’orario di espulsione della placenta. Nulla di
trascendentale, in fondo ha cinque anni e mezzo, il 99% dei bambini sa rispondere a quell’età. Ma la maestra reagisce con entusiasmo come se le avesse appena sciorinato la formula dell’uranio
impoverito.
Lui sorride: bene, bella mossa quella di alimentare la sua autostima. Si scioglie un pochino, ma è ancora lontano dal tenere il consueto comportamento
vulcanico. Ovviamente, visto che erano soltanto cinque minuti che aveva a che fare con il Principe della chiacchiera, la maestra ha pensato che fosse intimidito dalla situazione. Invece no, aveva
soltanto un sonno bestia. Per questo era insolitamente taciturno, per questo appariva timido ( ma chi? Lui?).
Perciò ha iniziato a chiedermi quale fosse il sistema migliore per consolarlo quando, durante l’inserimento, avrebbe pianto e chiesto di me ( ma chi? Lui?). Ho soffocato un risolino; sembrava irrispettoso prendersi gioco della maestra. Effettivamente i bambini umani quando cambiano scuola, li lasci in
mani per loro sconosciute o se dici loro che parti per un paio di giorni e quindi devono rimanere dai nonni accusano reazioni che spaziano dal capriccio sommesso alla crisi di nervi
incontrollabile con conseguente lancio di oggetti affilati. Ma non lui, lui non è così.
Ho perciò spiegato all’insegnante che potrei finire sotto le ruote di un Tir, dilaniata da un branco di orsi polari o sequestrata sotto i suoi occhi da un gruppo di terroristi armati fino alle mutande: non ne ricaverei che una lieve smorfia di turbamento. A pochi istanti da
uno qualsiasi di questi tragici eventi, riprenderebbe a chiacchierare serenamente al telefono con la fidanzatina di turno. Potrei propormi come cavia per qualche esperimento avveniristico sulle
tecniche del teletrasporto e smaterializzarmi quindi per mesi e mesi in qualche dimensione parallela: si accorgerebbe a malapena della mia assenza. Non mi sono naturalmente espressa in questi
termini, ma il succo era comunque quello…
Abbiamo continuato a conversare per una decina di minuti, nel frattempo il nano si è svegliato dal suo torpore. E’ridiventato improvvisamente lui. Si lui: il
giocoliere della parola, il mago dell’interruzione, l’unico essere dell’universo che sia mai riuscito a doppiare e superare la mia assoluta supremazia nel campo della logorrea ad oltranza. Per un
istante ho temuto che attaccasse la filippica, Dio ce ne scampi, sui famosi livelli della Hot Wheels. Ha iniziato a rispondere lui a tutte le domande,
relegandomi al consueto ruolo di accompagnatrice automunita.
Nonostante ciò, la maestra continuava a parlarmi degli eventuali traumi che avrebbe potuto subire ( ma chi? Lui?)
e che proprio per questo per i nuovi alunni era previsto un inserimento di una settimana dalle 10,00 alle 12,00, poi tutti a casa. Lo sapevo, ma speravo comunque in un miracolo, in una pietosa
deroga per meriti speciali. Ho ancora i cumuli di macerie frutto della recente ristrutturazione della cameretta in ordine sparso per la casa, devo terminare la revisione del romanzo prima che Ale
concepisca il suo secondo figlio e, nel tempo libero, dovrei anche lavorare e magari dedicarmi ad attività accessorie quali stirare, fare la spesa e mettere in tavola qualcosa di decente, tanto
per ricordare a mio marito perché mi ha sposato.
La maestra mi ha offerto uno spiraglio del miracolo anelato: in alcune rarissime eccezioni ai nuovi alunni che non presentino particolari problematiche è
consentito, fin dai primi giorni, frequentare le lezioni fino alle 13,30.
“Però, signora” ha puntualizzato la maestra, che è naturalmente abituata ai bambini normali e non ha dimestichezza con gli Alessandri “ Trovare un bimbo non
soffra durante l’inserimento è un’evenienza che si verifica talmente di rado …”
Ma no, ma no! Avrei voluto replicare “ Mi creda, le assicuro che a meno che entro la fine della prossima settimana non venga qualcuno a sperimentare nuove tecniche chirurgiche sul suo cervellino mio
figlio non si sognerà mai di chiederle dove è finita la sua mamma. Non è nel suo stile, mi creda, l’ho partorito, lo conosco, si fidi… Ma ho evitato, non volevo apparire come una mamma
ansiosa di sbolognare suo figlio, anche se in realtà è assolutamente così ( Ok, ok, chiamate pure il Telefono Azzurro, tanto sono già schedata).
Ci ha pensato mio figlio a dissipare ogni suo dubbio:
“Allora, mamma, quand’è che mi danno da mangiare in questo posto?”
Ecco, signora maestra, è convinta ora?